IL METODO DEL CONSENSO
Per chiarire ulteriormente il concetto vorrei qui riprendere le parole di Castoriadis che in un’intervista rispondendo alla domanda Cosa vuol dire autonomia? così si esprime:

AUTOS-NOMOS: dare leggi a sé stessi.
Autonomia non significa fare qualsiasi cosa; non è il regno del desiderio, questa è un’aberrazione. Non è la spontaneità? Non è la spontaneità bruta e cieca. Nomos: una legge che mi do riflettendo, e dopo aver discusso. Questo progetto di autonomia vuol dire non solo che si vuole eliminare la monopolizzazione del potere di alcuni nel dominio politico, ma che vuole anche eliminare l’autorità che si neghi di render conto di sé stessa a livello di pensiero. Perciò, alle origini del progetto dell’autonomia c’è, a sua volta, la nascita della filosofia e della democrazia o della politica vera. Politica, parola che oggigiorno è, sempre più, sinonimo degli intrighi, di chiacchiere ecc. è in realtà l’azione umana che, in maniera lucida, esplicita, cosciente, riflessiva, si occupa di trasformare le istituzioni e l’istituzione della società per rendere più autonoma la società stessa e gli individui.
Che cos’è una società autonoma?
È una società che è capace primo, di sapere che le sue leggi sono creazioni proprie e non ordini divini o conseguenza di leggi naturali o delle leggi naturali del mercato, come diciamo assurdamente oggi. E che può, giacché è lei che ha creato queste leggi, modificarle se crede che questo sia utile o necessario.

Il metodo del consenso dunque è come un sentiero in cui (parafrasando gli zapatisti) ci si pone delle domande. Un mezzo capace (ed è questa la ragione del nostro interesse) di contenere i fini a cui si vuole giungere. (DADA - voce libertaria no 22)

TESTO DI ROBERTO TECCHIO - autistici.org


Il MC è un procedimento che si svolge in varie fasi e in cui si usano diverse tecniche di discussione, analisi e confronto, mediante il quale un gruppo arriva a prendere le sue decisioni senza ricorrere alle votazioni. Consenso indica che si è d’accordo su qualcosa, ma non significa necessariamente accordo pieno di tutti su tutto, cioè unanimità. L’unanimità non ne è l’obiettivo: il consenso punta a far convivere le differenze, non ad eliminarle. Perciò in una decisione consensuale con diversi gradi di accordo e sfumature espresse in modo esplicito e globalmente accettato. L’adozione del MC da parte di un gruppo può avvenire solo su base consensuale il che non esclude il ricorso ad altri metodi decisionali, purché tale ricorso avvenga in base a una decisione consensuale.

Il fine non giustifica i mezzi; i mezzi contengono il fine. Il MC nasce dalla convinzione che il rapporto tra mezzi e fini deve essere coerente. Per esempio se si hanno fini equi e solidali, i modi per realizzare tali fini dovranno esprimere qui e ora, concretamente, equità e solidarietà. In pratica ciò si esprime nel modo di gestire il potere e in particolare nel modo in cui si prendono le decisioni.

L’uso del potere: il singolo non viene schiacciato dal gruppo, il gruppo non viene bloccato dal singolo. Il MC, a uno sguardo superficiale, sembra dare un potere eccessivo al singolo individuo (o alla piccola minoranza) rispetto al gruppo. Così sembra che chiunque, magari dopo una lunga discussione, se gli gira male può bloccare un grande gruppo negando il suo consenso alla decisione. Ma questo non è altro che esercitare il cosiddetto potere di veto, che non ha niente a che vedere col MC. Il MC riconosce il valore, la dignità, l’unicità del singolo che può bloccare il gruppo solo se riesce a mostrare la validità della sua opposizione. Se il gruppo riconosce la validità dell’opposizione allora la decisione può essere bloccata, altrimenti alla parte avversa viene rimandata la responsabilità di decidere cosa fare. Affinché il MC funzioni bene, il singolo deve riconoscere e accettare il potere del gruppo nel determinare quali problemi possono essere risolti, quali necessitano di più attenzione.

Attenti al compito e ai rapporti umani. Gli incontri servono per affrontare e risolvere problemi comuni. Le buone soluzioni tengono conto sia degli aspetti concreti dei problemi, sia delle relazioni tra i soggetti altrimenti anche semplici problemi possono complicarsi e diventare un grave peso. È necessario ricordare che nel lavoro di gruppo entrambi gli obiettivi (di contenuto e di relazione) devono essere sempre opportunamente curati: l’uno influisce sull’altro.

Distinguere le persone dai problemi e concentrarsi sui problemi. Ognuno ha un io che è sensibile e che facilmente può sentirsi minacciato, e un io minacciato pensa soprattutto a difendersi. Ogni giudizio sulla persona rischia di danneggiare la relazione e di alterare il buon clima psicologico che è indispensabile per fruire delle risorse di creatività e intelligenza di tutti i partecipanti, risorse senza le quali non è possibile trovare buone soluzioni ai problemi. Perciò è fondamentale attaccare le idee e le proposte anche molto fermamente se necessario, ma rimanere al contempo interiormente rispettosi verso le persone. Aiuta non identificarsi con le proprie idee, ricordandosi che le mie idee, non sono mie!

Distinguere i bisogni dalle soluzioni e... concentrarsi sui fondamenti. Spesso si discute (e si litiga) sulle proposte di soluzione senza avere adeguatamente scandagliato quali sono i bisogni in gioco: le soluzioni rappresentano la risposta a dei bisogni e lo stesso bisogno può essere soddisfatto in tanti modi diversi, cioè ci possono essere tante soluzioni per uno stesso problema. Se ci si fissa su certe idee diventa impossibile negoziare costruttivamente. Si tratta di orientarsi alla ricerca dei bisogni condivisi e creare le condizioni per trovare soluzioni cooperative, realizzabili, che aprono verso il comune cammino.

Inventare soluzioni: generare opzioni e definire obiettivi fattibili e soluzioni vantaggiose per tutti. Qui la fantasia, l’intelligenza, l’esperienza sono le risorse primarie: spesso si tratta letteralmente di inventare nuove soluzioni. Questo passaggio può sembrare banale, ma dal punto di vista pratico la fase dell’ideazione è spesso trascurata o comunque mal gestita (per es. è frequente che il brainstorm sia pieno di giudizi e commenti sulle idee espresse!). Non identificarsi (né identificare l’altro) con le idee facilita moltissimo la ricerca di soluzioni diverse e forse migliori. Rimanere attaccati alle proposte di soluzione ostacola il raggiungimento di soluzioni di buona qualità anche diverse da quanto da noi proposto.

Operare scelte sulla base di criteri riconosciuti e trasparenti. I criteri che sottendono ogni scelta devono essere esplicitati e riferiti quanto più possibile a elementi verificabili, o a principi comunemente accettati. In questo frangente in genere si esercita più o meno consapevolmente un uso scorretto e manipolatorio del potere per orientare le scelte verso interessi di parte.

Saper stare costruttivamente nel disagio (frustrazione, irritazione, preoccupazione...). Nel MC il conflitto è visto come fenomeno assolutamente naturale, né giusto né sbagliato. Quindi facilitare una buona comunicazione è un fattore chiave: comunicareè gestire la relazione e i conflitti. Tuttavia anche mediante un uso perfetto del metodo e un’ottima comunicazione i problemi, che non di rado sono complessi e complicati, possono rimanere sul momento irrisolti. E allora? Se si procede con cura e si alimenta la fiducia, il paesaggio entro cui si prenderanno le decisioni (perché comunque e sempre si decide qualcosa) sarà come minimo più chiaro e comprensibile. A volte per es. bisogna accettare il fatto di non poter decidere su una determinata questione. Allora saper gestire costruttivamente il disagio personale e collettivo che deriva da tutto ciò è indispensabile nel processo consensuale: pazienza e fiducia sono le qualità fondamentali.

Un metodo morbido per persone/gruppi forti. In definitiva questo processo tende a costruire accordi nel disaccordo, dove cioè il disaccordo particolare è dentro una cornice di accordo generale fondato su rispetto e fiducia reciproci. Il consenso di fondo deve però essere basato sulla fiducia e sulla libertà, altrimenti non funziona, anzi nemmeno si potrebbe chiamare consenso. Il MC richiede maturità e forza interiore dei soggetti che lo usano, e che usandolo si rafforzano.
PASSAGGI CHIAVE DELLA PROCEDURA


Richiesta e Verifica del consenso. Qualunque sia la procedura attuata, arriverà il momento in cui qualcuno (in genere il facilitatore) chiederà al gruppo La formulazione della decisione è soddisfacente? Ci sono ancora dei problemi? In mancanza di una chiara formulazione della decisione i rischi di confusione con successive complicanze sono alti. Inoltre non si chiede C’è il consenso?, oppure: Siete tutti d’accordo?: che non incoraggia l’espressione di dubbi o perplessità. La domanda: Ci sono ancora dei problemi? offre invece la possibilità di esprimersi. Se nessun ulteriore problema viene sollevato, il facilitatore dichiara il consenso raggiunto e la decisione viene messa agli atti. Problemi, blocchi decisionali e veto. Durante il procedimento ci si trova di fronte diversi tipi di problemi che può essere utile inquadrare allo scopo di riconoscerli e gestirli adeguatamente. Ci possono essere per esempio osservazioni finalizzate a migliorare una proposta. Altre volte ci possono essere dubbi o riserve. Questo si può affrontare con una discussione più approfondita. Infine possiamo trovarci di fronte a un disaccordo verso la proposta: una persona o una minoranza è contraria alla proposta (tutta o in parte). In questo caso bisogna consentire alla parte avversa di provare la validità o legittimità del disaccordo. Quando il disaccordo è tale da portare a un blocco della decisione, tale blocco deve essere riconosciuto dal gruppo nel suo insieme. Altrimenti la parte avversa non può bloccare la decisione del gruppo (potere di veto), a meno che il gruppo non abbia altre ragioni per farsi bloccare.

Di fronte a situazioni di disaccordo si aprono quindi due possibilità:


il gruppo alla fine riconosce la validità del problema sollevato, per cui si blocca la decisione;


il gruppo alla fine non è convinto (né a sua volta riesce a convincere la parte avversa) per cui il gruppo può procedere nella decisione che intendeva prendere inizialmente.

La parte avversa decide quindi cosa fare, per esempio può stare da parte.

Come si esce da una situazione di blocco decisionale?

Gli esperti ci ricordano, provocatoriamente ma saggiamente, che di fronte a un problema che al momento appare senza soluzione esistono almeno altre sette possibilità che non sono state esplorate dal gruppo. Ci vogliono dunque fantasia, creatività, intelligenza, ma non solo, anche la capacità di stare nel disagio, nella stanchezza, nella frustrazione, evitando i climi con forte risentimento poiché la paura è il vero grande blocco.

E per finire… uno strumento per sperimentare il MC.

Precisare le regole della discussione permette anche in gruppi di lavoro estemporanei di creare un clima di maggiore fiducia e chiarezza. In pratica il punto A andrebbe letto erapidamente approvato all’inizio della riunione (se ci sono intoppi, è meglio lasciar perdere il MC: mancano le basi!). I punti B e C, che hanno valore di orientamento non di vere e proprie regole, possono essere semplicemente letti e non abbisognano di un’approvazione formale, è utile verificare la tendenza dei partecipanti riguardo tali orientamenti, perché nella misura in cui sono condivisi possono essere richiamati e usati durante la riunione.
A) Dichiarazione dei diritti di ogni partecipante.



Io ho il diritto di essere trattato con rispetto. Così gli altri.


Io ho il diritto di avere ed esprimere opinioni e sentimenti. Così gli altri.


Io ho il diritto di essere ascoltato e preso seriamente. Così gli altri.


Io ho il diritto di dire no senza sentirmi in colpa. Così gli altri.


Io ho il diritto di chiedere ciò di cui ho bisogno. Così gli altri.


Io ho il diritto di cambiare opinione. Così gli altri.
B) Orientamenti per una comunicazione costruttiva



Usare messaggi io di confronto costruttivo.


Ascoltare attivamente, e verificare se abbiamo capito veramente quello che gli altri volevano dire, e viceversa.


Fare attenzione non solo ai contenuti, ma anche ai sentimenti espressi.


Distinguere le persone dai problemi e dalle loro azioni: evitare di attribuire intenzioni agli altri e di giudicarli, attenersi ai fatti e ai comportamenti.


Essere precisi ed evitare le generalizzazioni.
C) Orientamenti per cooperare nel conflitto



Passare dalla visione me contro te, al Noi.


Passare dalle prese di posizione agli Interessi e Bisogni in gioco.


Concentrarsi invece che sul Passato, sul Presente e sul Futuro.


Passare dall’Impossibile al Possibile.


Passare dalla Colpevolizzazione all’assunzione di Responsabilità.



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